Fonte: Il Secolo XIX
Genova - Partito dall’ospedale Galliera e arrivato sino
al Parlamento, passando prima per la Regione Liguria, il
caso dei microchip inseriti
nelle divise del personale sanitario ligure ha scatenato un ampio
dibattito online. Arrivando a prendere pieghe impensabili.
Soprattutto una, che si è sviluppata poco dopo le 15 di
domenica sulla pagina su Facebook del governatore ligure
Giovanni Toti, che ha ovviamente voluto dire la sua sulla questione,
dando vita alla prevedibile discussione fra favorevoli e contrari.
Prevedibile sino a quando qualcuno scatena il “panico”: «Non è
così! Il microchip contiene una scheda Rdif, che letto con un
dispositivo apposta si vedono 666, come dice Apocalisse di San
Giovanni (scritto proprio così, ndr)». Insomma, l’installazione
dei microchip non avrebbe a che fare con la necessità di controllare
che i capi di vestiario non vadano perduti e nemmeno con la
(smentita) intenzione di controllare gli spostamenti dei dipendenti.
No: farebbe parte di un piano per «schiavizzarci» e «se lo
accettiamo siamo con l’Anticristo».
E sì che sulla pagina del governatore Toti, che involontariamente
ha scatenato questo dibattito etico-religioso, sono in molti quelli
che provano a spiegare che questi microchip «sono passivi, non
trasmettono nessun segnale, ma devono essere letti da uno strumento
apposito» e che «sono poco più di un codice a barre», come
del resto ha fatto Il Secolo XIX, scrivendo che «il
paragone fra questi chip e un sistema Gps è improprio» perché «la
tecnologia RFid è “passiva”, può essere letta da uno strumento
dotato di antenna a radiofrequenza, ma non “mappata” al di fuori
delle aree coperte dal segnale». Non serve: «Non è per individuare
le divise, lo dicono perché ci considerano stupidi, il
microchip contiene il marchio della Bestia, ora inizia la nostra
fine. Se lo accettiamo siamo con l’Anticristo, se non lo accettiamo
sarà dura perché saremo marginalizzati e considerati psichiatrici,
ma non è così: dobbiamo seguire la Bibbia», è la replica di chi è
convinto di quella che sembra “la madre di tutti i
complotti”, rafforzato nelle sue idee dall’avere «parlato
con tanti preti» che «non sono dei scemi, è gente che hanno
studiato, sono intelligenti, hanno 2-3 università, dei master,
spiegano benissimo le cose: sul microchip si nasconde la più grande
dittatura del umanità (di nuovo: scritto così, ndr)».
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Qualcuno degli “altri” (quelli che credono che davvero i microchip servano per non perdere le divise o, volendo proprio proprio esagerare, per controllare i dipendenti) prova a giocare la carta dell’ironia, scrivendo un classico «fa caldo, in effetti», ma basta una rapida ricerca su Google per capire che questa teoria, quella dei transponder usati per soggiogare l’umanità, fa parecchi proseliti. Ci sono siti in cui non meglio precisati “scienziati” denunciano la prossima «schiavitù digitale» e altri che addirittura raccontano di come «nel 1970 a Bruxelles, una circolare “top secret” della Cee diceva che si stava attuando un piano “segreto” per gli abitanti della Comunità Europea», che culminerebbe nell’istituzione di «una banca dati europea (evidentemente il resto del mondo è tagliato fuori da questo disegno, ndr)» con ogni persona identificata da un «“codice fiscale” collegato al conto bancario» e inserita in un gigantesco database contraddistinto dal numero 666 (il numero del Diavolo, nelle credenze popolari). Tutto condito con ampie citazioni della Bibbia, del libro dell’Apocalisse e così via. |
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La conclusione del ragionamento |
Allo stesso modo, ci sono anche tantissimi siti che smontano
queste teorie, come l’ottimo Butac, che al chip RFid (la sigla
sta per radio-frequency identification, identificazione a
radiofrequenza) ha dedicato parecchie
pagine di “controinformazione ”.
Che evidentemente non basta a quelli che credono che con questi chip
«vogliono togliere la libertà al genere umano». Partendo
dall’ospedale Galliera di Genova...
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