Il battaglione Azov, con soldati a sei zampe

Se non fosse per quei maledetti piccoli ditteri neri, che mi ostino a chiamare chironomidi mentre non sono del tutto sicuro che lo siano, e che ti vengono negli occhi mentre hai le mani sporche di terra e non puoi allontanarli, lavorare l’orto sarebbe un’occupazione rilassante. E invece, per confermare il principio in base al quale non c’è rosa senza spine, devono esserci questi molesti insetti a tormentare l’onesto lavorante della terra, che magari cerca in essa un rifugio dalle ansietà quotidiane e dalle brutte notizie dei telegiornali. A parte questo inconveniente, piantare ortaggi e, successivamente, ricavarne i risultati sotto forma di succosi pomodori e cetrioli, non ha prezzo. Non è come comprarli al supermercato, giacché hanno un valore aggiunto in più. Ci sono costati fatica e sudore. Hanno in sé il sale del nostro nobile lavoro, del tempo che vi abbiamo dedicato. Non è sempre scontato avere dei pomodori nel piatto, durante le sere d’estate. Se sbagli il periodo, se li pianti troppo presto facendoli bruciare dal freddo o se sbagli la luna, rischi di non ottenere niente. Solo frustrazione. Ma in ogni caso, vale la pena tentare. Non si può passare la vita davanti a un computer, ché tanto, la guerra, se vogliono farla la fanno anche senza chiedere il nostro permesso. Non saremo certo noi a fermare quei pazzi guerrafondai, nostrani e stranieri. Al momento, io sono in guerra con piccoli fastidiosi moscerini e se non ho armi per combatterli, posso almeno lavorare nell’orto quando loro non ci sono. Devo solo scoprire l’ora in cui ancora non sono entrati in servizio. Forse al mattino presto. O forse alla sera dopo il tramonto, durante il crepuscolo. Quei moschini sono, per me, il Battaglione Azov.