Testo
Luigi Nacci
La
fotografia di Salvini in mezzo al presepe spiega meglio di qualsiasi trattato
di sociologia il nostro tempo. Vorrebbe, il Matteo 2, dirci che a lui spetta l’alto
compito di difendere le nostre radici cristiane. Guardatelo bene: accovacciato,
per ricordarci l’umiltà, sorridente, per ispirare bonarietà. Accovacciato
sorridente accanto a un bambino, per trasmettere un senso di paternità. Eppure
quel bambino, al di là delle proprie convinzioni, al di là del credere o no,
significa “ama il prossimo tuo come te stesso”, ha le braccia aperte, quelle di
chi accoglie, come le braccia di Nausicaa che accolgono Odisseo, perché gli
ospiti e i poveri vengono tutti da Zeus, e dobbiamo aver cura di loro.
Dov’è
finito il nostro prossimo, cioè colui o colei che ci sta vicino? Siamo tutti
sempre più lontani e soli, di fronte ai nostri schermi, siamo isolati. La
prossimità di facebook, delle email o dei telefoni, non è prossimità. La
compassione che crediamo di provare guardando il video di un uomo malmenato,
ucciso, o di un animale seviziato, non è compassione. Siamo lontani, sempre di
più, irrimediabilmente. In aereo, in treno, alla fermata del bus, a casa,
infastiditi dalla presenza altrui, concentrati in noi stessi, nei nostri
desideri, nel nostro particolare, a pochi centimetri da altri corpi, eppure
separati da distanze sconfinate. È proprio grazie al trionfo di questa
lontananza che i Salvini trionfano. Enzensberger dice: quanto più un paese
costruisce barriere per difendere i propri valori, tanto meno valori avrà da difendere.
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