lunedì 8 dicembre 2014

Statuine di gesso, baluardo dell'Occidente

 


La fotografia di Salvini in mezzo al presepe spiega meglio di qualsiasi trattato di sociologia il nostro tempo. Vorrebbe, il Matteo 2, dirci che a lui spetta l’alto compito di difendere le nostre radici cristiane. Guardatelo bene: accovacciato, per ricordarci l’umiltà, sorridente, per ispirare bonarietà. Accovacciato sorridente accanto a un bambino, per trasmettere un senso di paternità. Eppure quel bambino, al di là delle proprie convinzioni, al di là del credere o no, significa “ama il prossimo tuo come te stesso”, ha le braccia aperte, quelle di chi accoglie, come le braccia di Nausicaa che accolgono Odisseo, perché gli ospiti e i poveri vengono tutti da Zeus, e dobbiamo aver cura di loro. 

 
Dov’è finito il nostro prossimo, cioè colui o colei che ci sta vicino? Siamo tutti sempre più lontani e soli, di fronte ai nostri schermi, siamo isolati. La prossimità di facebook, delle email o dei telefoni, non è prossimità. La compassione che crediamo di provare guardando il video di un uomo malmenato, ucciso, o di un animale seviziato, non è compassione. Siamo lontani, sempre di più, irrimediabilmente. In aereo, in treno, alla fermata del bus, a casa, infastiditi dalla presenza altrui, concentrati in noi stessi, nei nostri desideri, nel nostro particolare, a pochi centimetri da altri corpi, eppure separati da distanze sconfinate. È proprio grazie al trionfo di questa lontananza che i Salvini trionfano. Enzensberger dice: quanto più un paese costruisce barriere per difendere i propri valori, tanto meno valori avrà da difendere.

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