Fonte: La Stampa
I
crimini contro gli animali non saranno depenalizzati. È il ministero di
Giustizia a rassicurare gli amanti degli animali dopo giorni di preoccupazioni
e proteste. Tutto era nato con il decreto legislativo riguardante la «non
punibilità per particolare tenuità del fatto». Lo schema alla base di tutto
mira alla depenalizzazione giudiziaria per le condotte sanzionate con pena
pecuniaria o con pena detentiva non superiore ai cinque anni. Uno schema che
rischiava di includere i reati contro gli animali, tutti con pene inferiori ai
cinque anni di carcere: il maltrattamento (art. 544 ter c.p.) è punito con una
reclusione di tre mesi a un anno e sanzioni pecuniarie da 3 mila a 14 mila
euro, mentre l’uccisione (art. 544 bis) con la reclusione da 3 a 18 mesi.
Sono
stati giorni di mobilitazioni e mail bombing intensi da parte delle
associazioni animaliste preoccupate di veder vanificato il lavoro di anni di
lotte per il riconoscimento dei diritti animali. Dagli
uffici del ministro Orlando assicurano: questi reati non saranno compresi tra quelli
per i quali è prevista la non punibilità, nel caso in cui si manifestino
crudeltà nei confronti degli animali. Il decreto legislativo che prevede la non
punibilità per i reati più lievi, varato dal Consiglio dei ministri il 1
dicembre scorso, «ha come presupposto la possibilità che la vittima si opponga
all’archiviazione stessa del reato proposta dal pubblico ministero. È evidente
che questo meccanismo non può riguardare i reati di maltrattamenti di animali».
La specificità di questi reati, pertanto, «sarà tenuta in considerazione nel
testo finale del provvedimento all’esito dei pareri espressi dalla Camera e dal
Senato a cui è stato trasmesso lo schema di decreto approvato dal Cdm».
Un
chiarimento arrivato anche grazie a una lettera della senatrice del Pd Amati:
«Nella lettera segnalavamo al Ministro che, in caso di vittime animali, il
meccanismo avrebbe creato le condizioni per un sistematico sbilanciamento del
giudizio in favore dell’indagato, dato che lo schema di decreto prevede che il
Pm senta indagato e parte lesa prima di proporre l’archiviazione - e conclude -
E’ del tutto evidente, infatti, che gli animali non avrebbero potuto in alcun
modo contestare la ritenuta tenuità del fatto». Sotto
il profilo tecnico-normativo, la lettera fa leva sulla legittimazione delle
associazioni animaliste ad esercitare i diritti della parte lesa in tutte le
fasi del processo, sulla base dell’articolo 7 della legge 189/2004,
ulteriormente rafforzata dalla sentenza n. 34095 del 12 maggio 2006 (Cass. Pen.
Sez. III).
Lo
schema di decreto prevede che, prima di avviare l’archiviazione, il Pm senta
indagato e parte lesa. Nella lettera si segnala al Ministro che, qualora il Pm
ritenesse di avviare il procedimento di archiviazione previsto dallo schema di
decreto, a meno che un’associazione animalista non si sia già costituita parte
civile nel procedimento, si verrebbe a creare una situazione di sistematico
sbilanciamento del giudizio in favore dell’indagato. Purtroppo, infatti,
nonostante la costante e fondamentale vigilanza delle associazioni animaliste,
può succedere che non vengano tempestivamente informate delle denunce,
rimanendo escluse da alcuni procedimenti. Si rischia quindi, come segnalano da
giorni cittadini e associazioni, uno svuotamento della legge 189/2004, che non
è certo nelle intenzioni né fra gli obiettivi della legge delega cui si vuole
dare attuazione.
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