martedì 23 dicembre 2014

Tanto rumore per nulla

 
Fonte: La Stampa

I crimini contro gli animali non saranno depenalizzati. È il ministero di Giustizia a rassicurare gli amanti degli animali dopo giorni di preoccupazioni e proteste. Tutto era nato con il decreto legislativo riguardante la «non punibilità per particolare tenuità del fatto». Lo schema alla base di tutto mira alla depenalizzazione giudiziaria per le condotte sanzionate con pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore ai cinque anni. Uno schema che rischiava di includere i reati contro gli animali, tutti con pene inferiori ai cinque anni di carcere: il maltrattamento (art. 544 ter c.p.) è punito con una reclusione di tre mesi a un anno e sanzioni pecuniarie da 3 mila a 14 mila euro, mentre l’uccisione (art. 544 bis) con la reclusione da 3 a 18 mesi.  

 
Sono stati giorni di mobilitazioni e mail bombing intensi da parte delle associazioni animaliste preoccupate di veder vanificato il lavoro di anni di lotte per il riconoscimento dei diritti animali. Dagli uffici del ministro Orlando assicurano: questi reati non saranno compresi tra quelli per i quali è prevista la non punibilità, nel caso in cui si manifestino crudeltà nei confronti degli animali. Il decreto legislativo che prevede la non punibilità per i reati più lievi, varato dal Consiglio dei ministri il 1 dicembre scorso, «ha come presupposto la possibilità che la vittima si opponga all’archiviazione stessa del reato proposta dal pubblico ministero. È evidente che questo meccanismo non può riguardare i reati di maltrattamenti di animali». La specificità di questi reati, pertanto, «sarà tenuta in considerazione nel testo finale del provvedimento all’esito dei pareri espressi dalla Camera e dal Senato a cui è stato trasmesso lo schema di decreto approvato dal Cdm». 

Un chiarimento arrivato anche grazie a una lettera della senatrice del Pd Amati: «Nella lettera segnalavamo al Ministro che, in caso di vittime animali, il meccanismo avrebbe creato le condizioni per un sistematico sbilanciamento del giudizio in favore dell’indagato, dato che lo schema di decreto prevede che il Pm senta indagato e parte lesa prima di proporre l’archiviazione - e conclude - E’ del tutto evidente, infatti, che gli animali non avrebbero potuto in alcun modo contestare la ritenuta tenuità del fatto». Sotto il profilo tecnico-normativo, la lettera fa leva sulla legittimazione delle associazioni animaliste ad esercitare i diritti della parte lesa in tutte le fasi del processo, sulla base dell’articolo 7 della legge 189/2004, ulteriormente rafforzata dalla sentenza n. 34095 del 12 maggio 2006 (Cass. Pen. Sez. III).

Lo schema di decreto prevede che, prima di avviare l’archiviazione, il Pm senta indagato e parte lesa. Nella lettera si segnala al Ministro che, qualora il Pm ritenesse di avviare il procedimento di archiviazione previsto dallo schema di decreto, a meno che un’associazione animalista non si sia già costituita parte civile nel procedimento, si verrebbe a creare una situazione di sistematico sbilanciamento del giudizio in favore dell’indagato. Purtroppo, infatti, nonostante la costante e fondamentale vigilanza delle associazioni animaliste, può succedere che non vengano tempestivamente informate delle denunce, rimanendo escluse da alcuni procedimenti. Si rischia quindi, come segnalano da giorni cittadini e associazioni, uno svuotamento della legge 189/2004, che non è certo nelle intenzioni né fra gli obiettivi della legge delega cui si vuole dare attuazione.

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