Fonte:
Il Fatto Quotidiano
Il
secondo più grande spiaggiamento di tutto il Mediterraneo è causato dalla “ricerca
petrolifera in mare”. Ne è convinta Legambiente Abruzzo, ne è convinto il suo
presidente Giuseppe Di Marco che a ilfattoquotidiano.it spiega così la
morte dei tre capodogli (tutte femmine, di cui uno incinta, gli altri 4 sono
stati salvati) avvenuta il 12 settembre a Vasto (Chieti): “La presenza del gas nel sangue dei mammiferi conferma i nostri sospetti: lo spiaggiamento
potrebbe essere causato dall’air-gun” che provoca forti esplosioni e il
disorientamento dei mammiferi che, spaventati, sarebbero finiti intrappolati
sui bassi fondali delle coste abruzzesi, a Punta Penne nella Riserva naturale
di Punta Aderci. Il gas trovato nei loro vasi sanguigni si può
spiegare infatti con una riemersione troppo rapida che probabilmente ha causato
un’embolia.
Ma
cos’è l’air-gun? E’ una tecnica di ispezione dei fondali marini da parte
delle imbarcazioni, per capire cosa contiene il sottosuolo, ed è
particolarmente utilizzata dalle aziende che si sono gettate alla caccia di
giacimenti petroliferi lungo tutto l’Adriatico. Spari fortissimi e
continui, ogni 5 o dieci minuti, di aria compressa che mandano onde riflesse da
cui vengono poi estrapolati i dati sulla composizione del sottosuolo. Ma questa
tecnica può essere molta dannosa per la fauna marina, perché può causare
lesioni, e soprattutto la perdita dell’udito o dell’orientamento.
Una
pratica che potrebbe incrementarsi nell’Adriatico. Il decreto Sblocca Italia
presentato dal governo Renzi a inizio settembre prevede infatti che per “valorizzare
i non trascurabili giacimenti di idrocarburi presenti sul territorio nazionale”
vengono sbloccati investimenti, ipotizzabili in 15 miliardi di euro. E vengono
semplificate le procedure di rilascio dei titoli minerari, un vecchio pallino
del governo Monti previsto nella “Strategia energetica nazionale” (e dei
petrolieri).
Nel giro di pochi anni, denuncia ancora Legambiente, potrebbero spuntare come funghi trivelle in mare che dall’Alto Adriatico (dove ne sono già previste 19) scivolerebbero lungo tutta la dorsale, fino alla Sicilia. In tutto potrebbero essere sbloccate 44 istanze per permesso di ricerca e 9 istanze di coltivazione depositate dalle compagnie, che si andrebbero ad aggiungere alle 105 piattaforme e ai 366 pozzi attivi oggi nell’offshore italiano. Solo nell’Adriatico centro meridionale sono oltre 12.290 i kilometri quadrati interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio – riporta Legambiente – che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio.
Nel giro di pochi anni, denuncia ancora Legambiente, potrebbero spuntare come funghi trivelle in mare che dall’Alto Adriatico (dove ne sono già previste 19) scivolerebbero lungo tutta la dorsale, fino alla Sicilia. In tutto potrebbero essere sbloccate 44 istanze per permesso di ricerca e 9 istanze di coltivazione depositate dalle compagnie, che si andrebbero ad aggiungere alle 105 piattaforme e ai 366 pozzi attivi oggi nell’offshore italiano. Solo nell’Adriatico centro meridionale sono oltre 12.290 i kilometri quadrati interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio – riporta Legambiente – che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio.
Quello
avvenuto sulla spiaggia di Vasto è il secondo spiaggiamento più grave
avvenuto lungo le coste del Mediterraneo. Il peggiore avvenne il 10 dicembre
2009 in Puglia, quando ancora sette capodogli spiaggiarono sul litorale
garganico tra Ischitella e Cagnano Varano e qui morirono, mentre altri due
riuscirono a prendere il largo. Lo scorso agosto, a spiaggiarsi, fu invece un
piccolo delfino a Marina di Lesina (Foggia). Intanto
le carcasse dei tre capodogli sono state rimosse dalla spiaggia e portate
verso l’interramento dopo che gli esperti al lavoro hanno terminato la
necroscopia. A coordinare le operazioni è stato Sandro Mazzariol, del Cert
(Cetacean stranding Emergency Response Team) dell’università di Padova, nato
proprio per affrontare le emergenze spiaggiamenti dopo quello avvenuto nel 2009
al Gargano. “Ci sono bolle – ha detto Mazzariol parlando degli esami – non
si esclude nulla. Prima di stabilire il nesso con le cause attendiamo le
indagini collaterali. Allo studio ci sono varie ipotesi. Seguiremo tutti gli 11
step del Protocollo che abbiamo messo a punto dopo il Gargano”.
Da
lunedì partirà il lavoro di raccolta dati. “Per prima cosa – ha continuato
Mazzariol – manderò le foto per avere una carta di identità degli animali. Poi
seguirà il lavoro di ricerca di patogeni, quindi le indagini tossicologiche”.
Le prime risposte sulle cause della morte potrebbero arrivare entro un mese. Al
lavoro anche gli specialisti della facoltà della Scienza del mare dell’Universidad
de Las Palmas delle Canarie.
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