sabato 6 dicembre 2014

Coraggiose testimonianze di dissenso

 
Fonte: Veganzetta

Toronto: Attivisti bloccano l’entrata di un mattatoio. E’ iniziato alle 8:00 della grigia mattinata di giovedì 6 novembre 2014, davanti al St. Helen’s Meat Packers, un mattatoio nella zona ovest di Toronto. Con un atto di disobbedienza civile passiva, sei attivisti hanno occupato la strada per impedire ai camion di consegnare le Mucche alla struttura. Sessantacinque o settanta altri attivisti erano presenti in segno di solidarietà. 
Dall’altra parte della strada si trova una struttura simile, Ryding Regency Meat Packers. Assieme a St. Helen’s, in queste strutture si uccidono più o meno 4.000 Animali a settimana e sono le ultime due rimaste in una zona che diventa sempre più residenziale, conosciuta come Junction Stockyards.

“Bloccare i camion è una misura estrema, dopo che due anni di veglie e tentativi di negoziazione con il proprietario per trasformare la struttura sono falliti”, ha dichiarato il gruppo. “La non-cooperazione passiva è una tattica che è stata notoriamente usata tra l’altro da Gandhi e Martin Luther King, dopo che sono stati tentati altri metodi. Quando gli attivisti si offrono di usare i loro stessi corpi per difendere gli innocenti, il loro gesto viene inteso come altamente simbolico in solidarietà verso gli esseri più oppressi del pianeta. E’ un modo per dire che tenteremo di difenderli mentre si avviano verso la loro morte, e che disapproviamo questo sistema superfluo e crudele che esiste per rubare loro la vita e la libertà.

Bloccare il percorso che condurrà alla loro morte è un’espressione di amore nei loro confronti, e un’invocazione di giustizia, per dire stop all’assassinio degli innocenti. Vogliamo la fine di questo sistema crudele. Non esiste un metodo benevolo per schiavizzare e uccidere un essere senziente. Soffrono nelle aziende agricole e durante il trasporto, e a causa dell’allevamento intensivo. Provano paura, terrore e dolore, proprio come noi se fossimo al loro posto. Non ci può essere una giustificazione morale valida per il soggiogamento continuativo e l’assassinio di esseri innocenti”. L’intero gruppo si è dato appuntamento davanti alla struttura di St. Helen’s subito prima dell’azione. “Ripassavamo le regole” ha raccontato Lorena Elke, portavoce del gruppo, in un’intervista telefonica venerdì pomeriggio, “era come una checklist. Seguendo l’approccio della non-violenza. Siamo stati molto chiari con il nostro gruppo riguardo a come si sarebbe svolta l’azione”. Elke racconta che fra le 8:30 e le 8:45 del mattino, uno dei camion da trasporto è arrivato davanti all’entrata. I sei attivisti si sono seduti sulla strada, uno accanto all’altro e a gambe incrociate.

“Erano calmi” dice Elke. “Erano silenziosi. Molto concentrati sul loro ruolo, quello di interrompere la violenza dei mattatoi. Di evidenziare l’oppressione che gli Animali provano tutti i giorni. In questa struttura arrivano fino a 600 Mucche al giorno”. Svariati agenti di polizia garantivano la sicurezza degli attivisti e dei sostenitori tenendoli il più lontano possibile dai camion e segnalando all’autista che vi erano attivisti dietro di lui che avrebbe potuto non vedere. “Il camion era più o meno a 1-2 metri dal primo manifestante” afferma Elke. Con il passare del tempo, gli impiegati del mattatoio hanno iniziato a uscire dalla struttura. Poi sono arrivati i proprietari. Elke racconta che la situazione è rimasta tranquilla con gli impiegati del mattatoio che semplicemente osservavano a distanza. “Verso le 9:30 un impiegato del mattatoio ha iniziato a lavare la strada con un tubo dell’acqua” ha detto. “Sapevamo che l’intenzione era quella di bagnare gli attivisti, e così è accaduto”. Non li hanno bagnati direttamente ma si sono avvicinati fino a 30 cm da loro con il getto dell’acqua. “Sembrava che la situazione si stesse inasprendo, ma abbiamo sempre pensato che la polizia avrebbe mantenuto la parola e apprezzato il fatto che questa era una manifestazione non violenta”.

Elke ha dichiarato che un membro del gruppo aveva parlato con la polizia una settimana prima dello svolgersi dell’azione, un altro membro aveva fatto lo stesso pochi giorni prima dell’occupazione. “Pareva apprezzassero molto la nostra trasparenza e il nostro averli informati dell’evento”, continua Elke, “e che capissero che si trattava di un’azione non violenta e cosa questo significasse. E’ per quello che siamo rimasti sorpresi da quello che poi è accaduto”. “Ma verso le 10:00 di mattina, gli impiegati del mattatoio sono arrivati dietro gli attivisti per cercare di rimuoverli con la forza”, ha dichiarato Elke. “A quel punto il camion ha iniziato a indietreggiare di nuovo. I sostenitori hanno gridato all’autista di fermarsi. Un altro camion si è avvicinato dall’altro lato e l’autista ha iniziato a mandar su di giri il proprio motore e a suonare il clacson ininterrottamente. Tutto è diventato caotico”. Ma gli attivisti, nonostante l’aggressione, non si sono spostati. Alcuni si sono avvinghiati gli uni agli altri a testa bassa, ma non hanno lottato.
 Alla fine la polizia è intervenuta. “Invece di rimuovere gli impiegati, hanno arrestato i manifestanti” ha affermato Elke. “Due sono stati trascinati via di peso. E’ normale. Tre si sono alzati da soli. Un attivista non è stato arrestato. Ad uno è stato diagnosticato un trauma cranico. Mentre ciò stava succedendo, due dei sostenitori che stavano cercando di fermare il camion dall’investire gli attivisti sono stati arrestati e accusati di aggressione a pubblico ufficiale. I cinque attivisti hanno tutti subito accuse simili”.

Secondo Elke gli attivisti sono stati vittime di una “violenza indebita” perché stavano tutti manifestando pacificamente. Gli arrestati sono stati portati alla stazione di polizia dove i cinque attivisti sono stati formalmente accusati e poi rilasciati. Gli altri due arrestati sono stati trattenuti una notte, successivamente sono stati portati in tribunale il venerdì, e poi rilasciati. “Siamo preoccupati per il modo in cui la situazione è precipitata nonostante stessimo seguendo una specifica tradizione di non-violenza”, ha detto Elke. Per due anni, un gruppo di attivisti per i diritti degli animali conosciuto come il Toronto Cow Save ha tenuto ogni settimana veglie pacifiche e silenziose davanti ai mattatoi, per protestare contro il trasporto e l’uccisione di Animali.

Il Toronto Cow Save ha tenuto una veglia giovedì davanti al St. Helen’s in sostegno di chi bloccava I camion. Anche se l’azione non era stata organizzata da loro. 
L’occupazione del giovedì, tenuta da un gruppo di persone con il sostegno della comunità, è stata chiamata Meet Me At The Stockyards (Incontrami ai Recinti). “Ci consideriamo parte integrante del movimento di occupazione di cui parla Naomi Klein nel suo nuovo libro This Changes Everything anche se non parla specificamente di gruppi per i diritti animali” ha detto Elke. “Ma questo è ciò che proviamo. Un’affinità con tutti i movimenti. Le persone che cercano giustizia. Mettendo i nostri corpi in prima fila per servire la giustizia in maniera pacifica e non-violenta”.
La tattica del blocco dei carri di bestiame è stata tentata in varie parti del mondo (Gran Bretagna, Stati Uniti, Israele), ma a detta di Elke, in Canada questa è la prima volta. “Pensiamo che sia necessario in base a leggi morali che ci chiedono di combattere la violenza dove la vediamo”, ha detto. “E i mattatoi sono luoghi violenti non solo per Animali non umani ma anche per coloro che ci lavorano”. Gli attivisti per i diritti animali non vedono differenza fra la schiavitù umana e quella animale. Vedono la liberazione umana e la liberazione animale come parte della stessa lotta.  

“Molti sono rimasti feriti quel giorno”, ha dichiarato Elke. “Molti hanno sofferto di dolori alla testa ed erano stanchi e indolenziti. Ma noi possiamo alzarci e andar via. Gli animali non hanno questa possibilità. È cosi che tutti quei meravigliosi Animali con i quali siamo potuti entrare in contatto ieri sono morti ancor prima che arrivassimo alla stazione di polizia”. Secondo Elke la reazione da parte della comunità per i diritti animali nel mondo è stata “fenomenale”, sono in molti ad aver inviato messaggi di solidarietà su Twitter dopo aver visto i video e le foto scattate il giovedì dai sostenitori. “Ma la copertura mediatica che abbiamo ricevuto è stata quantitativamente  scarsa”. “Abbiamo inviato più di 350 comunicati stampa a vari canali mediatici e molti li abbiamo contattati direttamente per approfondire. L’unico giornalista sul posto in quel giorno è stato un fotografo del Toronto Sun. Abbiamo parlato l’intera mattina e ha riportato accuratamente il significato di questa nostra azione. E’ stato l’unico a darci una copertura giusta ed equilibrata”.

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